Vetro

Una sola attrice (o quasi) ed una sola location. Un thriller coraggioso che batte strade poco frequentate dal nostro cinema.

di EMILIANO BAGLIO 12/04/2022 ARTE E SPETTACOLO
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Lei (Carolina Sala) non esce mai dalla sua stanza; il suo unico contatto con l’esterno è il padre (Tommaso Ragno) con il quale parla attraverso la porta e che la convince ad iscriversi ad un social nel quale condividere i suoi disegni. Qui incontrerà un ragazzo (Marouane Zotti) che cercherà di farla uscire dal suo guscio. Nel frattempo la ragazza comincia a spiare i vicini sino a convincersi che il poliziotto che abita di fronte nasconda un segreto.

Vetro, opera prima di Domenico Croce, interamente ambientato in una sola location, la stanza della protagonista e con praticamente la sola Carolina Sala in scena; è uno strano prodotto ibrido che cerca coraggiosamente nuove strade e che, miracolosamente e nonostante gli incespicamenti regge.

Nonostante una seconda parte meno riuscita, come si suol dire in questi casi, non si può che sostenere con tutte le forze questo coraggioso tentativo di battere strade poco frequentate dal nostro cinema, con un film che vira decisamente verso il thriller pur contaminandosi con altri generi e suggestioni.

In molti, ovviamente, hanno tirato fuori il voyeurismo de La finestra sul cortile anche se a noi il riferimento più evidente sembra essere Kimi, l’ultimo film (da noi ancora inedito) di Steven Soderbergh non fosse altro che per i capelli colorati (seppur diversamente) delle rispettive protagoniste.

In entrambe le pellicole infatti abbiamo una protagonista femminile che per motivi diversi non esce mai di casa; Zoë Kravitz in Kimi per agorafobia, Carolina Sala per una condizione che è quella tipica degli hikikomori.

Inevitabile poi, in entrambe le pellicole, il riferimento al recente lockdown e, per quanto riguarda Vetro, una riflessione più ampia su ansie e paure che hanno fatto sì che sempre più persone si sentissero inadeguate rispetto al mondo e decidessero di rinchiudersi dentro una stanza.

Da questo punto di vista Vetro soffre di uno squilibrio che finisce per essere il suo difetto maggiore.

La prima parte è interamente incentrata sulla protagonista, sulla timida storia di amore e seduzione che comincia con un ragazzo incontrato online e sule sue giornate passate a spiare i vicini; tutte direzioni che il regista riesce ad amalgamare alla perfezione.

Sino al momento in cui arriva l’immancabile colpo di scena.

A questo punto Vetro cambia pelle ed imbocca la strada del thriller con continui colpi di scena.

Carolina sala e con lei lo spettatore sono costretti a mettere in discussione tutto quanto accaduto sino a quel momento ed i fatti accaduti, improvvisamente cambiano aspetto.

La protagonista comincia a rielaborare quanto ha vissuto sino a quel momento, il film ci ripropone alcune scene che cambiano di senso e come nei migliori thriller siamo costretti a fare i conti con quanto visto e ad interrogarci su cosa sia realmente accaduto.

Non tutto torna in questa girandola continua di colpi di scena, che alla fine procede un po’ troppo per accumulo con forse troppa fretta e senza preoccuparsi più di tanto della coerenza.

Piccoli difetti comunque per un film al quale auguriamo tutta la fortuna che merita prodotti che battono strade poco frequentate dal nostro cinema e che dimostrano cosa si può fare anche solo con una stanza ed un’unica attrice (o quasi).

EMILIANO BAGLIO


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